Descrizione
L'Olio di Luni e i suoi monumenti: gli antichi frantoi
E’ l’olio, insieme al rinomato Vermentino Colli di Luni, a caratterizzare e insaporire la cucina locale. Gli uliveti, così come i vigneti, tra il mare e le colline, colorano da secoli tutto il territorio delimitato dall’azzurro del mare e dal bianco della Apuane, ma sono ancora una volta l’aria di mare, il sole e il lavoro dell’uomo a fare in modo che queste produzioni mantengano un’alta qualità.
Tradizioni, gusti, prodotti tipici si intrecciano e si tramandano da secoli fino ai giorni nostri. Infatti In Liguria l’olivicoltura ha origine antiche e ben radicate. Molte testimonianze dimostrano che, ancora prima dell’occupazione romana, i liguri conoscevano bene l’olivicoltura grazie alla presenza dell’olivo selvatico. Solo con la colonizzazione romana, però, si diffondono le prime forme di coltivazione vera e propria.
Il crollo dell’Impero Romano non ha interrotto la pratica colturale come dimostrano diversi documenti medievali. Attorno all’anno Mille inizia un periodo di specializzazione olivicola per mano di grandi proprietari: non solo ordini religiosi con vasti terreni da porre a coltura e affittare, ma anche privati proprietari terrieri.
Le colline di Luni, all’epoca come oggi, si dimostrano un posto ideale per impiantare le colture. Moltissime persone erano coinvolte nel ciclo di produzione: dalla cura delle piante, alla raccolta delle olive, dalla spremitura fino alla conservazione e al trasporto dei preziosi carichi. Ogni famiglia contadina era impegnata per diversi mesi. Il calendario era scandito dal lavoro: la raccolta delle olive era compiuta dopo i Santi, sia con le mani che con i teli, mentre la sbattitura migliore veniva effettuata dopo l'Epifania, con canne vecchie di un anno dette "moschetti".
La prima pressatura era eseguita a mano dal torchiaio tramite un arnese chiamato "stanghetta": quello ottenuto era il primo olio, il più puro e lucente. Restava poi la sansa che, sottoposta ad una seconda e più delicata lavorazione, forniva un olio meno corposo, ma non meno saporito del primo. C’era anche un olio più umile, ricavato dalle bucce raccolte e poste sotto pressa, utilizzato per le fritture. Nulla restava inutilizzato: ciò che restava dalla lavorazione veniva messo nelle lucerne e utilizzato soprattutto per le festività religiose e durante la Settimana Santa. Nella civiltà contadina non esistevano gli scarti: dell’ulivo si usava tutto.
I frantoi lungo il Parmignola sono dei veri monumenti. Sulla una vecchia mulattiera si trova uno dei più antichi quello di San Martino con i suoi enormi ulivi centenari. Mentre il frantoio della Colombera è la sede del Museo Etnografico.
Oggi non ci resta che gustare l’olio della vallata e delle colline e cercare di immaginare, grazie ai racconti e agli antichi oggetti della tradizione ritrovati, la vita delle famiglie e di una comunità intera concentrata nella raccolta delle olive e nella produzione dell’olio.
Con il tempo il lavoro nei frantoi è sicuramente facilitato da nuovi strumenti, ma la raccolta avviene ancora in modo tradizionale. Il ciclo della produzione è di grande interesse e vale sicuramente la pena scoprirlo con una visita ad uno dei tanti produttori di olio della zona.